mercoledì 11 gennaio 2012

La memoria bruciata

La gran parte di coloro che dopo l'8 settembre 1943 aderirono alla Repubblica di Salò non aveva ancora vent'anni. E spesso non erano neppure i giovani fascisti più solerti e fanatici, molti dei quali invece, fiutato in fretta il vento opportuno, trovarono più comodo buttare la camicia nera alle ortiche, se non cambiare addirittura drasticamente bandiera. Così, a ingrossare le fila dei "repubblichini", oltre ai campioni di una più rinomata tipologia di facinorosi, andarono anche giovani come tanti, al grido di «Viva l'Italia!» più che a quello di «Viva Mussolini!» Ragazzi che semplicemente pensavano si dovesse restare fedeli a certe idee di patria, onore, fermezza; e disposti per tali idee a morire più che a uccidere. Estranei a quello spirito fazioso e a quel furore distruttivo che da sempre vengono associati all'iconografia di Salò, essi erano spinti dall'urgenza di "valori" antichi che la tradizione ottocentesca e risorgimentale, prima ancora che fascista, aveva radicato in loro. A questa categoria appartiene Mario Castellacci, al quale toccò di scrivere le parole della canzone repubblichina più famosa, quella Canzone strafottente il cui verso iniziale -le donne non ci vogliono più bene- fu la colonna sonora di una generazione emarginata e che poi fece della propria emarginazione una bandiera, un segno di sprezzante distinzione. La memoria bruciata è un libro di memorie onesto. Ancora risentito nel rivendicare l' "onore delle armi" per quei reduci ormai ultrasettantenni, è invece sereno nel ritrarre, con il distacco di più di mezzo secolo, amici e nemici, camerati e compagni, eroi e vigliacchi incontrati nei giorni di una dolorosa guerra civile. Ma questa Memoria bruciata non è solo la testimonianza di una stagione di lutti; nelle sue pagine affiorano, ritratti con un gusto "strapaesano" di ascendenza tutta toscana, figure di parenti, persone e cose viste negli anni che precedettero la guerra. Tutt'altro che avulsi dal resto del racconto, essi sono citati come testimoni e complici di un'epoca, delle ragioni morali che portarono un ragazzo a scegliere un giorno la "parte sbagliata". Risalta, in queste pagine, la vivida rappresentazione di quell'Italia povera eppure allegra, in cui il fascismo di periferia vestiva i suoi balilla di panni ritinti e scarpe scompagnate, mentre un'antica ironia, uno spirito di adattamento affinato nei secoli scortavano tutto un popolo verso la catastrofe della guerra mondiale.
Originale
La gran parte di coloro che dopo l'8 settembre 1943 aderirono alla Repubblica di Salò non aveva ancora vent'anni.

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