La gran parte di coloro che dopo l'8 settembre 1943 aderirono alla Repubblica di Salò non aveva ancora vent'anni. E spesso non erano neppure i giovani fascisti più solerti e fanatici, molti dei quali invece, fiutato in fretta il vento opportuno, trovarono più comodo buttare la camicia nera alle ortiche, se non cambiare addirittura drasticamente bandiera. Così, a ingrossare le fila dei "repubblichini", oltre ai campioni di una più rinomata tipologia di facinorosi, andarono anche giovani come tanti, al grido di «Viva l'Italia!» più che a quello di «Viva Mussolini!» Ragazzi che semplicemente pensavano si dovesse restare fedeli a certe idee di patria, onore, fermezza; e disposti per tali idee a morire più che a uccidere. Estranei a quello spirito fazioso e a quel furore distruttivo che da sempre vengono associati all'iconografia di Salò, essi erano spinti dall'urgenza di "valori" antichi che la tradizione ottocentesca e risorgimentale, prima ancora che fascista, aveva radicato in loro. A questa categoria appartiene Mario Castellacci, al quale toccò di scrivere le parole della canzone repubblichina più famosa, quella Canzone strafottente il cui verso iniziale -le donne non ci vogliono più bene- fu la colonna sonora di una generazione emarginata e che poi fece della propria emarginazione una bandiera, un segno di sprezzante distinzione. La memoria bruciata è un libro di memorie onesto. Ancora risentito nel rivendicare l' "onore delle armi" per quei reduci ormai ultrasettantenni, è invece sereno nel ritrarre, con il distacco di più di mezzo secolo, amici e nemici, camerati e compagni, eroi e vigliacchi incontrati nei giorni di una dolorosa guerra civile. Ma questa Memoria bruciata non è solo la testimonianza di una stagione di lutti; nelle sue pagine affiorano, ritratti con un gusto "strapaesano" di ascendenza tutta toscana, figure di parenti, persone e cose viste negli anni che precedettero la guerra. Tutt'altro che avulsi dal resto del racconto, essi sono citati come testimoni e complici di un'epoca, delle ragioni morali che portarono un ragazzo a scegliere un giorno la "parte sbagliata". Risalta, in queste pagine, la vivida rappresentazione di quell'Italia povera eppure allegra, in cui il fascismo di periferia vestiva i suoi balilla di panni ritinti e scarpe scompagnate, mentre un'antica ironia, uno spirito di adattamento affinato nei secoli scortavano tutto un popolo verso la catastrofe della guerra mondiale.
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